07 ottobre 2006

Il disgusto che monta

Non è una bella impressione ma purtroppo non è neanche un’impressione peregrina.
La politica, quella nazionale ma anche internazionale comincia a interessarmi sempre meno.
Non so quando è iniziato il processo ma le conseguenze me le trovo qui davanti agli occhi: fino a qualche anno fa compravo il giornale ogni giorno, bevevo le news dei vari tg, mi ritenevo un politicante in pectore, almeno nei discorsi.
Oggi compro solo libri tascabili, bevo solo vino (e qualche volta Blob), e anche se sono consigliere comunale faccio discorsi da perfetto anarchico.
Il fatto è che ci vuole una grande volontà ad appassionarsi ai temi fondamentali della politica odierna:
- la guerra (soprattutto tra Islam e Occidente Cristiano): non basta condannarla tout court, la guerra è l’argomento che ha arrovellato i più grandi cervelli nello sforzo di giustificarla. Non serve che tutte le religioni, gli stati e le loro costituzioni abbiano scritto grosso COSI’ che è un errore. L’errore va reiterato. E la guerra, oltre che un vizio atavico dell’(in)umanità è sempre un buon affare, almeno per i soliti noti.
- Il sistema politico dell’alternanza maggioritaria italiana: una marmellata così indigesta non me l’aspettavo neanche dopo il C.A.F. Vedere Rutelli tubare con il Vaticano mi provoca conati di vomito, vedere Prodi dibattersi come un pesce nella rete dell’affaire Telekom mi ricorda che non ne sa niente di quello che gli gira intorno, scoprire che la Coop è il supermercato più costoso del circondario mi fa bestemmiare ma anche disertare, vedere Bertinotti placidamente assiso sulla terza poltrona dello stato mi convince della sua istituzionalizzazione e, last but not least, il Baffetto che guida la Farnesina come se fosse la sua cazzo di barca. Per tacer delle proposte medioevali Berlusconiane ( la prossima? La “decima”).
- La scuola, l’Università, la Ricerca: i miei genitori non mi perdoneranno mai di aver finito il mio corso di studi senza aver dato la tesi che certificherebbe la mia laurea. Io l’ho fatto di proposito, come rigurgito anarchico contro l’insipienza formativa dell’università italiana.
C’era poco da fare: avevo perso ogni interesse per la faccenda e non so se il mio è una sorta di record al contrario. D’altronde ho davanti agli occhi come funziona ai giorni nostri il sistema formativo italiano: nessun controllo di qualità sull’insegnamento, programmi centralizzati e imposti dall’alto, nessun aiuto a quegli insegnanti che vorrebbero migliorarsi e aggiornarsi.
- La televisione: ne abbiamo già parlato esprimendo la più ampia preferenza alla radio.
Ma non basta, almeno per la maggioranza silenziosa. Sarebbe necessario, come già in altri paesi più civili, creare un canale statale esclusivamente culturale (vedi il Giappone), poiché la penetrazione della carta stampata (con buona pace di Wizzo) è assolutamente trascurabile.

Si potrebbe continuare, ma preferisco fermarmi qua.

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