30 settembre 2006

Global

News from the world.
Bbc

Orizzonti musicali

Wittgenstein ha ragione da vendere.
Wittgenstein

Google generation

"What's the use of online shopping if you're permanently in the red?".
I riflettori del Guardian sulla Google-generation: molte opportunità, poche possibilità, tanta precarietà, quasi zero fiducia nella possibilità della politica di cambiare le cose e un interessante gioco delle generazioni.

Guardian

Primo ascolto


C'è il nuovo degli Sparklehorse, all'incrocio tra Deus, Sigur Ros e Portishead. Assai gradevole, forse anche di più ma sto ancora al primo ascolto. Qui i samples dei pezzi per chi si vuol fare un'idea.

29 settembre 2006

In mano a chi stiamo?

Lunedì prossimo esce negli Stati uniti "State of denial" di Bob Woodward, quello che tirò fuori lo scandalo del Watergate. Qui c'è un'interessante recensione del New York Times secondo la quale il libro dice cose abbastanza preoccupanti. Innanzitutto descrivendo alcune superficialità con cui è stata affrontata la guerra in Iraq, e fin qui qualcuno potrebbe invocare il diritto di sbagliare, anche se quando hai i destini del mondo in mano e affronti le cose come dice Woodward, un qualche diritto ad avere paura i sudditi ce lo potranno anche avere, o no? Poi Woodward scrive anche che "...in the weeks before the Sept. 11 attacks, Mr. Tenet believed that Mr. Rumsfeld was impeding the effort to develop a coherent strategy to capture or kill Osama bin Laden. Mr. Rumsfeld questioned the electronic signals from terrorism suspects that the National Security Agency had been intercepting, wondering whether they might be part of an elaborate deception plan by Al Qaeda" e che "The fruitless search for unconventional weapons caused tension between Vice President Cheney’s office, the C.I.A. and officials in Iraq. Mr. Woodward wrote that Mr. Kay, the chief weapons inspector in Iraq, e-mailed top C.I.A. officials directly in the summer of 2003 with his most important early findings. At one point, when Mr. Kay warned that it was possible the Iraqis might have had the capability to make such weapons but did not actually produce them, waiting instead until they were needed, the book says he was told by John McLaughlin, the C.I.A.’s deputy director: “Don’t tell anyone this. This could be upsetting. Be very careful. We can’t let this out until we’re sure.”
New York Times

Titoli

Montesquieu, tiè!

27 settembre 2006

Spioni

Certo che è proprio cambiato tutto: una volta si tenevano sotto controllo i telefoni dei nemici d'oltrecortina, ora quelli dei dirigenti della squadra accanto. E i tifosi? S'indignano: "Spiati!".

Nineteeneighties

A proposito di anni 80 visti dal punto di vista musicale. Grazie a radio Wittgenstein di Luca Sofri sto ascoltando in rete Grant Lee Phillips che ha fatto un disco che si intitola Nineteeneighties e che coverizza roba tipo Wave of mutilation dei Pixies, City of refugee di Nick Cave, Last night I dreamt that somebody loved me degli Smiths. Mica malaccio, gli eighties.

25 settembre 2006

Guerra al terrorismo?

Dicono i servizi statunitensi che il terrorismo è più forte dopo la guerra in Iraq. Sì sì, proprio loro, i servizi segreti statunitensi.

La scuola

"I dati ribadiscono e sottolineano ancora una volta come il successo scolastico, anche in termini di apprendimenti e competenze, è strettamente connesso alle condizioni socio-economiche della famiglia. La nostra scuola non riesce a rompere la continuità con l'eredità che ciascun alunno si porta dietro. Siamo ancora in presenza di una scuola nella quale se sei figlio di operaio la normalità è che resti operaio".
Beppe Fioroni, ministro dell'Istruzione, Italia 2006.

Confronting the evidence

Qui la trascrizione della puntata di Report di ieri sera che consisteva nella messa in onda della versione di "Confronting the evidence" sull'11 settembre. Vale quello che dice Gabanelli a inizio puntata, "metterlo in onda (in questo caso linkarlo) non significa condividere tutto quello che sta qua dentro".

Magistrale

Vale lo stesso discorso fatto per D'Eramo. Il Robecchi integrale, se volete e se non l'avete già letto, ve lo potete andare a pescare domani dal sito del manifesto (il link lo trovate anche qui a destra), cito solo un passo: "Suggerirei dunque alla società civile di adottare la fiaccolata contro gli strumenti come nuova forma di lotta. Faccio qualche esempio: fiaccolata di protesta contro i feroci albanesi che spiavano tutti dai vertici Telecom. (...) Fiaccolata di protesta contro quei marocchini che insanguinano Napoli con la guerra di camorra. Aggiungerei (...) tutti quei politici o sottopolitici pakistani che raccomandavano signorine alla tivù in cambio di quattro salti sul divano".

Esilarante

Ho aspettato fino a oggi nella speranza che fosse possibile linkarlo, invece in rete sarà disponibile solo da domani. Così, nonostante debba copiarla dal cartaceo, ecco l'esilarante conclusione dell'editoriale di Marco D'Eramo di ieri sul manifesto a beneficio di chi non l'abbia letto: "Per un morto che viene mantenuto in vita annunciandone periodicamente il decesso, l'attualità ci propone un vivo defunto suo malgrado: accade al linguista Noam Chomsky che il suo ammiratore sfegatato, il presidente venezuelano Hugo Chavez, si è rammaricato di non aver potuto conoscere in vita. Il 77enne Chomsky avrebbe potuto rispondergli come Mark Twain quando lesse l'annuncio della propria morte: "E' una notizia grossolanamente esagerata".

23 settembre 2006

Tempi moderni

Qui c'è una storia. Vera non lo so, verosimile sì.

21 settembre 2006

Le domande della vita

Sono curioso di sapere quante e quali volte sono stato intercettato. A questo punto il se è una domanda retorica.

Piccola precisazione

A scanso d'equivoci, nel post times they're changin', il senso della cosa è che il change, per quanto mi riguarda, è positivo.

19 settembre 2006

Suor Leonella

Il ritardo è clamoroso e colpevole e me ne scuso. Ma per quel pochissimo che può valere mi piace spendere una parola per suor Leonella, che la vocazione l'ha portata in Somalia, dove agonizzante prima di morire ha chiesto perdono per sé e per la mano che le ha dato la morte.

119

Non rimangio quello che ho detto sul ritorno di Santoro, ma al di là dell'evidente pregiudizio che nutrono nei confronti di "Michele chi?" e di qualsiasi cosa odori di sinistra, credo che qui abbiano la loro dose ragione.

Poi

Mi fa sempre un certo effetto vedere la gente sbracciarsi senza nessuno accanto e senza un apparente senso compiuto. Poi noto l'auricolare.

Tempi duri

Mutuo il concetto da qui.

18 settembre 2006

Times they're changin'

Stamattina facevo la fila dal pediatra. I bambini erano tre. Tutti accompagnati dai soli genitori maschi. Times they're changin'.

Papa abile e arruolato

Nonostante le abnormità viste e sentite dall'11/9/01 in avanti e nonostante non provi simpatia alcuna nei confronti dell'Islam come delle organizzazioni della fede in generale, conservo ancora la facoltà di stupirmi nell'assistere al compiacimento di coloro che, soprattutto dopo il discorso di Ratisbona, ritengono di aver arruolato anche il Papa nella Grande Battaglia Del Bene Contro Il Male (qui un esempio che se non altro ha il pregio dell'eleganza satireggiante). In questo chiassoso clima muscolare e d'importazione bellica, chi tenta di argomentare che Benedetto XVI ha commesso un errore di dimensioni astrali - così come lo commettono da anni quelli che pensano di estirpare il fondamentalismo a suon di cannonate - e chi pensa anzi, che in questo modo il fondamentalismo lo si alimenta- viene incasellato sotto la voce "fronte interno". A farlo sono gli stessi che gridano all'antisemita se provi a nominare la questione palestinese. Se non altro, c'è in loro un coerente modo di vedere le cose. Mi piacerebbe capire quale tipo di paesaggio essi immaginano, dopo l'infinito tunnel delle bombe, degli attentati, dei kamikaze e delle dichiarazioni dinamitarde.
PS: pensate come dev'essere stato contento Prodi dell'ennesima puntata dello Scontro Di Civiltà andata in onda su giornali e telegiornali, che ha contribuito a distogliere i riflettori più potenti dall'affaire Telecom.

16 settembre 2006

Anno zero

In molti si sono divertiti a tirare freccette sul bersaglio di Santoro tornato in Rai. Certo però, che se per definire un certo tipo di giornalismo si è costretti a ricorrere alla locuzione "inchiesta vecchio stile", significa che il nuovo che è avanzato non è tra i piatti più succulenti. Certo, alcuni suoi atteggiamenti possono pure risultare indigesti, ma la prima puntata di Anno zero ha mostrato quanto la tv che passa il convento avesse bisogno del ritorno di Santoro.

Era meglio Wojtyla

Anche per uno che di teologia sa niente, la sorpresa era stata inevitabile nel leggere le cose dette dal papa a Ratisbona su cristianesimo, islam e dintorni. Al di là delle interpretazioni del tutto trascurabili di uno che nei confronti delle religioni continua a nutrire dei pregiudizi al momento insormontabili, mi è capitato di leggere su Repubblica di ieri Renzo Guolo che scrive: "Il Papa ha toccato un tasto delicatissimo. Parlando del Profeta Muhammad e di sure coraniche Benedetto XVI ha infatti violato un tabù consolidato: le religioni possono parlare tra loro di etica, pace, famiglia, o di quella stessa secolarizzazione contro cui vorrebbero fare fronte comune, ma mai di dogmi o testi sacri altrui. In quel caso la comunicazione si spezza, perché scatta un immediato riflesso identitario".
Ora, Ratzinger è perfettamente al corrente della problematica illustrata da Guolo e le ire scatenatesi nel mondo musulmano sono la prova più fedele della scivolosità del terreno quale si è mosso il papa. Senza soffermarsi nel merito delle questioni poste, l'interrogativo è se in un momento surriscaldato come questo sia opportuno che un fine intellettuale come è Ratzinger se ne esca con cose del genere, essendo poi costretto a una marcia indietro repentina sia per salvaguardare l'incolumità dei cattolici in zone del mondo già difficili di per sé, sia per evitare di offrire un ulteriore motivo alle tesi di chi l'islam lo sta già utilizzando strumentalmente. Lo dipingevano come uno molto legato a Giovanni Paolo II, Ratzinger. Sulle questioni di bioetica, forse. Quanto alla politica estera, ha già innovato parecchio. Se del vecchio papa risuonano ancora i settimanali appelli alla pace e al dialogo, da questo le parole sul tema sono state scarsissime, inversamente proporzionali a quelle spese invece per giustificare seppure indirettamente - sulla base del fanatismo islamista che ammorba quelle aree - l'operato dei governi occidentali in questi ultimi orribili cinque anni nelle terre martoriate dalle guerre. Ecco perché, lo dico con la massima umiltà, forse la chiesa cattolica ha sbagliato a sceglierlo come suo rappresentante in un momento come questo. Chi avrebbe mai detto che ci sarebbe toccato di rimpiangere Wojtyla?

Coerenza e movimento

E' dall'otto settembre che l'interrogativo, incubato da diverso tempo, è venuto a galla: ma la coerenza è un valore in sé? L'otto settembre del '43 è per gli italiani una data storica, è il cambiamento di fronte, è l'abbandono della strada vecchia e pericolosa (il nazismo) per la nuova (gli alleati). Ecco, se l'Italia fosse rimasta coerente alla scelta del '40 quale sarebbe stato il suo destino? Traslando all'individuo, ai suoi atteggiamenti, ai modi di pensare. Ma è sempre un valore rimanere fedeli a noi stessi, ai nostri modi di pensare, ai nostri atteggiamenti? O non è più produttivo cambiare, dribblare, tentare percorsi nuovi. Non vuol essere, questo, un inno all'infedeltà o al trasformismo, o peggio, al tradimento. Comincio però a trovare sconcertante la sufficienza con cui si antipatizza a prescindere con chi cambia idea, giudicando non nel merito le nuove tesi ma (pre)giudicando negativamente il cambio. Trovo che oltre al poco rispetto per il prossimo, ci sia in tutto questo un'autodifesa pigra del proprio status quo che è quanto di più conservatore possa esserci. E dire che in tanti di quelli che stigmatizzano i cambi di idea si sentono di sinistra e pensano di guardare avanti. Sono progressisti, dicono.

Vent'anni

Raccontano che alla festa nazionale dell'Unità, nel dibattito tra D'Alema e Fini coordinato da Gianni Riotta, l'ex titolare della Farnesina abbia sostenuto la tesi che vent'anni fa era impensabile per un uomo della destra o della sinistra diventare ministro degli Esteri. Raccontano che Riotta ha rincarato dicendo che vent'anni fa era impensabile anche che uno come lui potesse diventare direttore del tg1. Credo che siano vere entrambe le cose. E ciò suffraga la mia ipotesi, partita dai post sulle "Generazioni musicali" già oggetto di dibattito (e critiche) anche su questo blog: oggi gli spazi di libertà sono più larghi rispetto a qualche lustro fa, l'angolo delle possibilità di scelta si è allargato in diversi campi. Se non lo si nota è solo perché si è immersi nel giorno per giorno e non si riescono ad apprezzare adeguatamente i cambiamenti. Funziona così: provate a guardare le foto vostre o dei vostri amici o, se ne avete, dei vostri figli di qualche tempo fa, confrontatele con l'aspetto attuale e ditemi se i cambiamenti non sono decisamente più marcati di quelli che avete apprezzato giorno dopo giorno nel lasso di tempo trascorso dallo scatto delle foto ad oggi.

14 settembre 2006

Riotta al tg1

Avevo notato che negli ultimi giorni sul Corsera la firma di Riotta era diventata quasi un appuntamento fisso (sì vabbè, fino a quando non lo hanno nominato al tg1 era vicedirettore di quel giornale ma la frequenza non era così ossessiva fino a poco tempo prima). Ne avevo notato - solo uno affetto da cecità non ci sarebbe riuscito - anche la partigianeria favorevole verso il governo attuale. Qui hanno raccolto un paio di perle fresche fresche. Ora. A me Riotta non sta antipatico. Parecchie delle cose che scrive le condivido anche. E sono convinto che lui non sia un ruffiano ma sanamente di centrosinistra. Però, possibile che un professionista serio debba presentarsi alla direzione della maggiore testata giornalistica televisiva pagando questo tipo di dazi, anche nell'era dell'Unione? Ma non era Berlusconi che voleva controllare tutto e che c'ha il conflitto d'interessi e che bla bla bla...Tutto vero, per carità, ma a me pare che dietro i modi, che a volte sono anche sostanza, non è che sia cambiato poi molto. Solo che a molte delle persone che votano a sinistra è sufficiente che governi l'Unione per non vedere le contraddizioni nelle quali continuiamo ad essere immersi.
PS: detto ciò, sono comunque convinto che il tg di Riotta sarà un po' meglio di quello di Mimun

Bolgia e incuria

Con la ripresa pressoché totale delle attività dopo la pausa estiva e con il conseguente rinnovato incasinamento sono tornato a chiedermi: ma che cosa sono diventate le città? E che cosa è diventato viverci dentro per una persona normale, con una famiglia normale e una vita normale? Voglio dire che se non appartieni alla cerchia di eletti che ha l'attico in centro, la scuola dei bimbi a portata di gambe e, magari, lo studio in casa, sei costretto normalmente a ritmi vicini alla disumanità. Il peggio è che tutto ciò è considerato pressoché ineluttabile. Tranne qualche estremista ambientalista, nessuno riconosce che le città così come sono diventate assomigliano più a una bolgia che a dei contenitori per umani. Tanto che quando si parla di politiche per la città il pensiero va a marciapiedi, asfaltamenti di strade, lottizzazioni di aree edificabili. Mai a un qualche tipo di innovazione degna di nome, che so: chiusura totale dei centri storici e investimento in navette elettriche silenziose i cui percorsi possano essere modulati sulla base dell'utenza; progettazione di piastre logistiche mediante le quali organizzare l'entrata e l'uscita delle merci; valorizzazione di cervelli che ripensino gli agglomerati sulla base degli interessi e dei flussi di movimento di chi ci vive e non solo di quelli economici; pensare a servizi di prossimità per anziani e non anche da erogare mediante la nascita di nuove realtà imprenditoriali. Voglio dire, niente salti in avanti, niente dirigismo o pulsioni veteroambientaliste. Non si disconosce la complessità delle città, non si rimpiangono i bei tempi andati in cui si andava coi carretti. L'invito è solo a usare il cervello e quanto scienza e tecnologia ci offrono già oggi per vivere un po' meglio. L'incuria che ci contraddistingue è diventata insopportabile.

11 settembre 2006

Campionato

E' ricominciato il piu grande spettacolo sportivo del mondo, cioè il campionato di calcio di serie A..... dopo la prima giornata, che ve ne sembra, è cambiato qualcosa dopo Moggi?

03 settembre 2006

Libridine #3

Dovevo parlare di Stefano nella scorsa elucubrazione libridinosa, ma si e' messo in mezzo nientemeno che Jimmy Morrison e non ho potuto fare a meno di parlarne.
Ora pero' occupiamoci di un autore che una volta tanto conosco bene, se non altro per averci passato insieme delle belle estati della inconsapevole infanzia.
Si, perche' il suddetto Mellini militava in una banda de regazzini rivale di quella di cui facevamo parte io e Nirva e ci si sfidava in tenzoni di allegre sassate.
Naturalmente siamo poi diventati amici.
Ma bando ai ricordi e passiamo ad oggi.
Mellini debutta per caso in un concorso letterario che si tiene nella natia Ravenna e lo vince con "Sorrisi di cartone" romanzo di ispirazione autobiografica che a me sembra a tutt'oggi una grande opera prima, con le naturali imperfezioni che si possono perdonare e con le genialita' che non ritroverai nelle prossime prove.
Di tutt'altro respiro e' quello che viene considerato il suo vero primo romanzo "Stella Rossa" per i tipi di Fernandel.
Qui i dialoghi, la lingua e la storia stessa si affinano, direi quasi si asciugano e lasciano allo scoperto i nervi vivi di chi scrive, la sua rabbia che sembra provenire dai recessi dell’anima.
Una rabbia che e' comunque rappresentativa del mondo odierno e delle realta' che Stefano frequenta, non solo dal punto di vista letterario ma anche da quello della vita vera.
L'autore e' infatti medico di strada, che si districa tra emarginazione, droga e immigrazione.
La trama in fondo è semplice: in un quartiere di città non ben identificato ma che ci immaginiamo fatto di palazzoni grigi dell’I.A.C.P, c’è una squadra di calcio di terza categoria chiamata Stella Rossa.
Al suo interno militano i giovani emarginati della zona, gente senza speranza e senza futuro, che si barcamenano tra furti, droga e, quando capita, lavori precari.
La loro squadra fino ad allora non ha mai vinto, almeno finchè non arriva Hamir, immigrato marocchino che non condivide l’attitudine violenta dei suoi compagni.
Con lui la squadra inizia a vincere ma ci mette lo zampino la burocrazia italiana che in un controllo rende il calciatore indesiderato, non in possesso del permesso di soggiorno e quindi trasferito in un C.P.T. (centro di permanenza temporanea). A questo punto i suoi compagni, in primis la voce narrante di Rocco, decidono di far evadere il loro amico. Mi fermo qui e ho detto già molto.
Dovrei dire anche del tratteggio della personalità dell’io narrante di Rocco. Ma Stefano mi guarderebbe male.
Lui non si definisce neanche scrittore e guarda a ciò che scrive come ad un rigurgito che deve espellere il più in fretta possibile, e non pensarci più. Può sembrare una presa di posizione da artista “maudit” ma vi giuro che conoscendolo posso garantirvi il contrario.
Il libro è comunque ben scritto e ti si pianta nell’anima come una freccia. Ma non sto facendo pubblicità quindi cercatelo solo se siete interessati e se volete sentire una voce autentica dai bassifondi.
Dalle alte sfere, d’altronde, non sentirete mai niente, tranne parole senza senso.

02 settembre 2006

Caschi blu

Sarebbe bello vederla senza eserciti che la calpestano, questa terra. Nel frattempo ci si potrebbe accontentare anche se ce ne fosse uno, ma uno soltanto. Coi caschi blu in testa.

...ti vibra nelle ossa, ti entra nella pelle...

Volevo esprimere un'idea che suonava più o meno così: c'è della musica che in determinati momenti della vita entra quasi a far parte del tuo dna. Poi ho trovato questa cosa, che mi ha aiutato a mettere a fuoco il concetto: "...alcune di queste canzoni le ho ascoltate in media una volta a settimana (trecento volte il primo mese, poi solo di tanto in tanto), da quando avevo sedici anni, o diciannove, o ventun anni, a oggi. Questo come potrebbe non lasciare un segno?". Nick Hornby, "Alta fedeltà", Guanda editore.

PS: l'unica differenza è che a me la cotta durava un po' più del primo mese, magari facevo trecento il primo, centocinquanta il secondo e poi a sfumare. La prima credo sia stata per "Brown Sugar" degli Stones, incontrata in una musicassetta, "Greatest hits", che un mio zio teneva in macchina e che divenne poi di mia proprietà (ancora ricordo la copertina con un quasi inedito Jagger con chitarra elettrica al collo e il colore giallo dello sfondo sul quale erano scritti i titoli delle canzoni). L'ultima l'ho presa due o tre anni fa ed è stata per un l'uno-due d'apertura del cd "Dove sei tu", di Cristina Donà: "Nel mio giardino" e "Invisibile".

Immigrant song

Qui l'agghiacciante inchiesta di Fabrizio Gatti sui raccoglitori di pomodori in Puglia. Se andate di fretta potete dare un'occhiata veloce alle foto.

01 settembre 2006

Corsi, ricorsi e impareggiabili gaffeur

"Il lavoro rende liberi", sloganeggia il presidente della Provincia di Chieti. "Dovremo marciare su Roma", esorta il consigliere regionale umbro di An Aldo Tracchegiani, per l'occasione intervistato come animatore di un comitato di cacciatori. Sono impagabili, questi eletti dal popolo. Ma chi glieli scrive i testi, Corrado Guzzanti?

La febbre del maschio

Le vicenda di Hina, ammazzata dal padre perché non buona come musulmana, e Natascha, rapita a dieci anni e tenuta segregata per otto, sono così immani che la parola di chi ignora le discipline della mente è inadeguata. Se mi contraddico scrivendoci sopra è solo perché mi è capitato di ascoltare il criminologo Francesco Bruno sostenere che non è raro per il maschio coltivare il sogno di educare fin da piccola una moglie-schiava, in alcuni casi riuscendo peraltro, almeno in parte, a coronare l'aspirazione nel pieno rispetto delle regole socialmente condivise (si pensi alle spose-bambine promesse dai genitori così in voga fino a qualche decennio fa anche dalle nostre parti). Allora - pur senza smarrire l'incommensurabilità dei due episodi - mi è venuto spontaneo riflettere sul fatto che come la febbre può essere a 37° o a 40° ma è sempre con lo stesso strumento che la misuri, così nei confronti delle donne si va dalle vette della abnormità da cui sono partito in cima a queste righe allo stupro, alle violenze - quelle fisiche e quelle psicologiche dalle mille pieghe - alle barriere sociali, giù giù, fino al risolino dei gruppi di maschi-che-la-sanno-lunga e si sentono in qualche modo sempre un po' più su delle loro mogli, colleghe, conoscenti e parenti; gradi differenti di una stessa febbre, che ha i suoi cromosomi in qualcosa di ancestrale, i cui germi stanno nella testa delle persone nate con il pene. Per le quali sarebbe bene fare i conti fino in fondo con questa malattia potenziale, piuttosto che esorcizzarla di volta in volta con la pazzia e l'abisso culturale delle persone che commettono crimini indicibili. Le motivazioni variano ma in questi delitti c'è una costante: sono sempre i maschi a macchiarsene.