Eccoli alla carica, capitanati dal ministro della Giustizia, che sul Corsera di oggi ridà fiato a tutti quelli che sotto sotto speravano che la Nazionale di Lippi desse una mano e ora vedono il sole spuntare all'orizzonte. A dirla tutta, chi non va allo stadio da anni, alimenta il sistema calcio solo indirettamente con qualche chiacchiera sporadica, non ha mai pagato un centesimo alle tv a pagamento e quando gli dicono "parabola" pensa alle funzioni di analisi che lo perseguitavano da adolescente, potrebbe anche fregarsene di Calciopoli e delle relative pene. Ma sì, chi se ne importa se Moggi, Della Valle, Lotito, Galliani, Meani, figli d'arte e grandi figli di hanno turlupinato milioni di persone che peraltro, diciamola tutta, avevano un'alta propensione a farsi fregare? E chi se ne frega di un mondo dove - eccola Calciopoli - già a livelli dilettantistici l'intrallazzo indigna pochissimi e si guadagnano stipendi da manager giocando in squadre di paese?
Nessuno gode nel vedere infliggere pene. E ci sono sicuramente reati più gravi da sanzionare e cose più serie di cui prendersi briga. Non solo. Il perdono lo si capisce in pieno (un po' meno quando è una strada a senso unico dove passano solo le berline di lusso di potenti e plurimilionari).
Però poi non si venga a fare la morale sui giovani che non hanno più valori di riferimento e bla bla bla.
A Nino che si farà e l'anno prossimo giocherà con la maglia numero sette stiamo insegnando che per vincere c'è una scorciatoia comoda: tuffarsi in area per ottenere un calcio di rigore da un arbitro compiacente. In campo (e questo sarebbe il meno, perché sul prato verde giocano la finta, l'astuzia e anche un pizzico d'inganno). E fuori. Ma tutto questo Clemente non lo sa. Viva l'Italia.
07 luglio 2006
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