01 settembre 2006

La febbre del maschio

Le vicenda di Hina, ammazzata dal padre perché non buona come musulmana, e Natascha, rapita a dieci anni e tenuta segregata per otto, sono così immani che la parola di chi ignora le discipline della mente è inadeguata. Se mi contraddico scrivendoci sopra è solo perché mi è capitato di ascoltare il criminologo Francesco Bruno sostenere che non è raro per il maschio coltivare il sogno di educare fin da piccola una moglie-schiava, in alcuni casi riuscendo peraltro, almeno in parte, a coronare l'aspirazione nel pieno rispetto delle regole socialmente condivise (si pensi alle spose-bambine promesse dai genitori così in voga fino a qualche decennio fa anche dalle nostre parti). Allora - pur senza smarrire l'incommensurabilità dei due episodi - mi è venuto spontaneo riflettere sul fatto che come la febbre può essere a 37° o a 40° ma è sempre con lo stesso strumento che la misuri, così nei confronti delle donne si va dalle vette della abnormità da cui sono partito in cima a queste righe allo stupro, alle violenze - quelle fisiche e quelle psicologiche dalle mille pieghe - alle barriere sociali, giù giù, fino al risolino dei gruppi di maschi-che-la-sanno-lunga e si sentono in qualche modo sempre un po' più su delle loro mogli, colleghe, conoscenti e parenti; gradi differenti di una stessa febbre, che ha i suoi cromosomi in qualcosa di ancestrale, i cui germi stanno nella testa delle persone nate con il pene. Per le quali sarebbe bene fare i conti fino in fondo con questa malattia potenziale, piuttosto che esorcizzarla di volta in volta con la pazzia e l'abisso culturale delle persone che commettono crimini indicibili. Le motivazioni variano ma in questi delitti c'è una costante: sono sempre i maschi a macchiarsene.

1 commento:

madam, i'm adam ha detto...

Purtroppo hai ragione.
La dimensione patriarcale del nostro mondo include anche il desiderio ancestrale di sottomettere la donna ai servigi dell’uomo, siano essi religiosi, sessuali o semplicemente prevaricatori tout court.
Non ti nascondo che nonostante sia consapevole di tale cosa al punto di denunciarla ti posso dire che delle volte mi sono comportato da perfetto cretino maschilista.
L’ancestralità, sta proprio in questo: riconoscere l’errore ma poi reiterarlo. Chiaramente qui non parlo delle situazioni aberranti come si parla nel post. Ma anche una semplice mancanza di rispetto dettata “dall’essere maschio e non femmina” a me fa effetto, anche se a posteriori.
Non so, questo è un argomento spinoso almeno per chi come noi è attento a queste cose.
La società in generale, purtroppo, invece di andare verso una naturale evoluzione del reciproco rispetto tra uomo e donna (non basterebbe essere solo esseri umani di diverso genere solo per l’ambito riproduttivo?) continua a vedere nella donna il peccato, la debolezza e tutte quelle altre cose che andrebbero invece imputate al pensiero patriarcale di cui dicevo.